Registrare un domain name uguale a quello di un sito inattivo può comunque costituire contraffazione

Con sentenza n. 2920/2022, del 19/10/2022, il Tribunale di Firenze si è pronunciato in tema di concorrenza sleale, riaffermando il principio di unitarietà dei segni distintivi.

Il caso riguardava una controversia sorta tra due società, entrambe operanti nel settore delle spedizioni ed entrambe con segni sostanzialmente identici.

In particolare, risultava che la prima società fosse stata costituita nel 2011 e che, nel 2012, avesse registrato un nome a dominio scegliendo come domain name la stessa dicitura identificativa della propria ragione sociale, lasciando però il sito inattivo fino all’anno 2016. Nel 2014, questa stessa società aveva poi registrato come marchio figurativo lo stesso segno già usato come ragione sociale e come nome a dominio.

La seconda società si era invece affacciata sul mercato nel 2013 – cioè un anno dopo l’omonima società avversaria – ma registrando già nel 2013 due nomi a dominio attraverso i quali svolgeva attivamente le proprie attività di e-commerce. L’unica differenza tra i nomi a dominio delle due società era nel Top Level Domain (TLD): “.com” quello della prima società, “.it” e “.eu” quelli della seconda società.

Quindi, la prima società chiedeva che fosse accertata la condotta di concorrenza sleale della seconda, mentre quest’ultima chiedeva che venisse dichiarata la nullità dei segni distintivi registrati dalla prima.

La seconda società sosteneva infatti di poter vantare un preuso non puramente locale sul segno usato da entrambe perché, a partire dal 2013, la propria attività di e-commerce aveva ottenuto un’elevata popolarità sul mercato, mentre in quello stesso periodo il nome a dominio della società concorrente non godeva di alcuna visibilità, essendo inattivo. Pertanto, la seconda società sosteneva che il marchio registrato nel 2014 dalla prima società fosse nullo per assenza di novità, dal momento che il segno era già noto sul mercato per l’uso fattone dalla seconda società nell’anno precedente e proprio attraverso i nomi a dominio contestati.

Il Tribunale di Firenze ha però rigettato le domande della seconda società.

Risultava infatti pacifico che la prima società avesse registrato anteriormente sia il nome a dominio che il marchio, mentre non risultava dimostrato l’effettivo preuso del segno, a livello non puramente locale, da parte della seconda società.

Inoltre, il segno in questione compariva già nella ragione sociale della prima società, costituita nel 2011. Al riguardo, il Tribunale ha ricordato come, ai sensi dell’art. 22 c.p.i., “è vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio di un sito usato nell’attività economica o altro segno distintivo un segno uguale o simile all’altrui marchio se, a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni”.

Nel caso sottoposto all’esame del Tribunale, a fronte della preesistenza della prima società (dal 2011) e del nome a dominio (dal 2012), la seconda società aveva comunque deciso di registrare un nome a dominio (nel 2013) e di costituire una società usando segni del tutto simili a quelli usati dalla prima, sia come ragione sociale che come nome a dominio.

Sulla base di queste motivazioni, il Tribunale ha ritenuto che fosse palese l’attività di contraffazione realizzata dalla seconda società in danno della prima, accertando le condotte di concorrenza sleale e la violazione dell’art. 22 c.p.i.

Pertanto, è stato inibito alla seconda società l’adozione dei segni già usati dalla prima ed è stato altresì ordinato il trasferimento, in favore di quest’ultima, dei nomi a dominio “.it” e “.eu”.

 

Ilaria Feriti