CGUE, causa C–468/09, sentenza del 16.06.2009
Alla luce delle difficoltà pratiche nell’individuare l’utente privato finale, l’equo compenso dovuto al titolare del diritto d’autore a titolo di indennizzo per copia privata grava sul soggetto che mette a disposizione dell’utente finale i dispositivi di riproduzione.
La questione è stata sollevata dalla Corte di Cassazione dei Paesi Bassi, al fine di dirimere una questione sorta tra la Stichting, l’organismo olandese incaricato della riscossione del prelievo di prova privata, e Opus, società con sede in Germania che si occupa di vendita on-line di supporti di riproduzione vergine, in particolare verso i Paesi Bassi.
Secondo la Corte di Giustizia Europea, in base alla direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, debitore dell’equo compenso per copia privata è l’utente finale che effettua, a titolo privato, la riproduzione di un’opera protetta da diritto d’autore.
Tuttavia, poiché i singoli utilizzatori sono difficilmente individuabili, l’equo compenso può essere posto a carico dei soggetti che mettono a disposizione i supporti di riproduzione, i quali hanno facoltà di ripercuotere il costo del prelievo sul prezzo di vendita pagato dall’utente finale.
Tale circostanza evidenzia come l’onere di rimborso vada comunque a cadere sull’utente, che paga un prezzo per il supporto di riproduzione nel quale è inclusa la quota dell’equo compenso.
E ciò a prescindere dal fatto che il venditore professionale di tali apparecchiature sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello dell’utente finale.
Infatti, lo Stato membro che ha istituito un sistema di prelievo per copia privata è tenuto a garantire una riscossione effettiva dell’equo compenso, al fine di indennizzare gli autori dell’opera protetta dal pregiudizio sorto sul suo territorio. Ma ciò risulterebbe in pratica impossibile se la riscossione dovesse avvenire presso gli utenti finali, privando d’effetto la direttiva.