Google: il Tribunale UE conferma la maxi sanzione per abuso di posizione dominante

Con sentenza del 14 settembre 2022 (T‑604/18) il Tribunale UE ha condannato Google ad una maxi sanzione da 4,125 miliardi di euro per aver imposto restrizioni ai produttori di dispositivi Android al fine di consolidare la propria posizione dominante sul mercato.

La sentenza del Tribunale UE è giunta a seguito dell’impugnazione, da parte del colosso americano, della precedente decisione della Commissione Europea che nel 2018 aveva sanzionato Google per abuso di posizione dominante, irrogando una sanzione ancora più elevata (4,343 miliardi di euro).

Il caso riguarda le particolari condizioni imposte da Google ai produttori e agli operatori di rete mobile che desiderano installare le applicazioni e i servizi Google sui dispositivi Android venduti agli utenti finali.

La significativa forza di Google sul mercato è decollata a partire dal 2005, quando Google ha acquisito l’azienda che aveva originariamente sviluppato il sistema operativo Android. Secondo la Commissione Europea, nel luglio 2018 circa l’80% dei dispositivi mobili utilizzati in Europa e nel mondo funzionavano con Android.

La prassi seguita da Google è quella di pubblicare online il codice sorgente di ogni nuova versione di Android, consentendo così a terze parti di scaricare e modificare il codice per creare fork di Android (cioè un nuovo software creato dal codice sorgente di un software esistente). La licenza open-source rilasciata da Google copre le caratteristiche di base del sistema operativo ma non le applicazioni e i servizi Android di proprietà di Google. Pertanto, i produttori e gli operatori di rete mobile che desiderano ottenere applicazioni e servizi Google devono stipulare un ulteriore accordo con Google LLC.

A seguito di diversi reclami ricevuti da imprese attive nel settore delle tecnologie dell’informazione, la Commissione Europea nel 2015 ha avviato un procedimento contro Google, al termine del quale ha individuato tre tipologie di restrizioni contrattuali imposte in relazione ad Android:

  • restrizioni contenute negli accordi di distribuzione delle applicazioni, con cui Google richiedeva ai produttori di preinstallare Google Search e il browser Chrome per poter ottenere la licenza d’uso del suo app store (Play Store);
  • restrizioni contenute negli accordi anti-frammentazione, in base ai quali i produttori che desideravano preinstallare le app di Google non potevano vendere dispositivi con versioni di Android non approvate da Google;
  • restrizioni contenute negli accordi di ripartizione del fatturato, in base ai quali Google concedeva ai produttori e agli operatori di rete mobile una percentuale dei suoi guadagni sugli introiti pubblicitari, a condizione che tali produttori e operatori accettassero di non preinstallare un servizio di ricerca concorrente su un portafoglio concordato di dispositivi.

Il 18.7.2018, la Commissione Europea ha ritenuto che queste tre tipologie di restrizioni violassero le norme sulla concorrenza perché si risolvevano tutte nell’imposizione di restrizioni contrattuali finalizzate a proteggere e consolidare la posizione dominante di Google per i servizi di ricerca generale.

A seguito dell’impugnazione promossa da Google, il Tribunale UE ha riesaminato la questione annullando solo in parte la precedente decisione della Commissione. Secondo il Tribunale UE, a differenza delle prime due tipologie di restrizioni individuate dalla Commissione, quelle incluse negli accordi di ripartizione del fatturato non costituiscono un abuso.

Il parziale annullamento della decisione ha comportato una riduzione della sanzione irrogata dalla Commissione, rideterminata così in 4,125 miliardi di euro. Ciò nonostante, questa resta la sanzione più alta che sia mai stata inflitta in Europa da un’autorità di vigilanza sulla concorrenza.

 

Ilaria Feriti