In base all’attuale formulazione dell’art. 2, n. 10 L. n. 633/41 (Legge sul diritto d’autore) sono protette dalla legge sul diritto d’autore “le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”. Cosa si intenda precisamente con queste espressioni è oggetto di interpretazione. Certo è che il design ha una sua specifica tutela in base al Codice della Proprietà Industriale in quanto sia (a) nuovo e (b) abbia carattere individuale, per cui il significato da attribuire alla locuzione di cui sopra deve necessariamente consistere in qualcosa di ulteriore. Inoltre bisogna tener presente che il diritto d’autore tutela la forma espressiva, non il contenuto, dell’opera, mentre non sembra richiedere la novità. Basti pensare alla tutela di due diversi quadri aventi entrambi ad oggetto una natura morta: il soggetto raffigurato è il medesimo, ma è differente l’espressione artistica o personale rappresentazione dei due pittori.
In tema di design, l’art. 32 CPI (D.Lgs. n. 30/05) definisce “nuovo” un disegno o modello “se nessun disegno o modello identico è stato divulgato anteriormente alla data di domanda di registrazione, ovvero, qualora si rivendichi la priorità, anteriormente alla data di quest’ultima. I disegni o modelli si reputano identici quando le loro caratteristiche differiscono soltanto per dettagli insignificanti”. Il successivo art. 33 CPI definisce, invece, il “carattere individuale” di un disegno o modello: esso ne è connotato “se l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato prima della data di presentazione della domanda di registrazione o, qualora si rivendichi la priorità, anteriormente alla data di quest’ultima. Nell’accertare il carattere individuale di cui al comma 1, si prende in considerazione il margine di libertà di cui l’autore ha beneficiato nel realizzare il disegno o modello”.
Il design protegge l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte e, specificamente, le forme visibili durante il normale utilizzo. In particolare poi, in materia di modelli (tridimensionali), il design tutela le forme non “necessitate”, cioè non funzionali (ossia dettate unicamente dalla specifica funzione tecnica del prodotto) e che caratterizzano l’oggetto per la gradevolezza estetica.
Si ritiene, generalmente, che il carattere creativo di cui all’art. 2, n. 10 L. n. 633/41 vada inteso nel senso in cui viene generalmente interpretato in materia di diritto d’autore (si prescinde da un qualsiasi giudizio estetico e si tutela la forma espressiva) e che esso sia diverso dal “carattere individuale” di cui sopra. Dunque, il requisito ulteriore che un’opera del disegno industriale deve possedere per poter accedere alla tutela del diritto d’autore – e che, viceversa, non viene richiesto in via generale per le altre opere proteggibili dalla L. n. 633/41 – è il valore artistico e qui nasce il problema: il criterio sembra essere del tutto soggettivo e la sua valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.
Allo stato, le interpretazioni proposte sono essenzialmente tre: la prima richiede un livello superiore di valore estetico o di originalità rispetto ai disegni e modelli comuni; la seconda propone il criterio della destinazione delle opere di design (tenendo conto dell’intenzione del designer, secondo la dottrina meno recente; dando rilievo alla destinazione e all’uso come “oggetto artistico”, secondo una recente ricostruzione); infine, secondo la terza interpretazione il requisito del valore estetico ripropone il “vecchio” criterio della scindibilità, per cui il suddetto requisito sussisterebbe quando il carattere creativo dell’opera trascende totalmente la funzione pratica rendendolo apprezzabile in maniera del tutto indipendente dal supporto materiale cui inerisce.
In passato, in base al criterio della scindibilità, la Cassazione (sent. 7 dicembre 1994, n. 10516) ha negato la tutela del diritto d’autore alla chaise-longue di Le Corbusier. Più recentemente, il Tribunale di Monza, con sentenza del 23 aprile 2002, ha escluso il valore artistico dei prodotti di arredamento e dei mobili disegnati da Le Corbusier. Il giudice, premettendo che erano stati gli stessi progettisti a dichiarare di aver privilegiato il concetto di funzione degli oggetti, piuttosto che il loro aspetto, ha motivato la decisione in tal senso: gli oggetti sono indubbiamente originali (soprattutto per il periodo in cui apparvero sul mercato), ma a suo avviso, non di valore artistico in sé, “che pare presupporre qualcosa di più che la semplice gradevolezza estetica. D’altra parte, non pare che la sola paternità della creazione in capo a persona che ha avuto grandissima importanza nel panorama dell’architettura del Novecento sia sufficiente ad attribuire valore artistico ad ogni sua creazione, ivi compresi gli oggetti pensati soprattutto in funzione del loro uso quotidiano”.