Fin dove può spingersi il tracciamento dati da parte del social network senza incorrere in ingiustificate violazioni della privacy degli utenti?
Negli ultimi anni la questione è stata ampiamente dibattuta dinanzi alle corti europee ed americane, con esiti diversi e in alcuni casi contrastanti.
Lo scorso febbraio 2017 il giudice distrettuale di San Jose, California si è pronunciato al termine di una lunga battaglia legale che vedeva Facebook Inc. accusata di violare la normativa privacy federale per le modalità di accesso e di trattamento dei dati di utenti non registrati o non loggati alla sua piattaforma, attraverso l’installazione di plugin e cookies su pagine terze.
Il giudice californiano ha prosciolto il celebre social network da ogni accusa, ritenendo non sussistere alcuna violazione ed alcun pregiudizio per gli utenti, data la possibilità di impedire l’accesso ai propri dati attraverso l’utilizzo della modalità di navigazione privata.
Inoltre, secondo il giudice distrettuale l’invio in automatico da parte del browser delle informazioni ad entrambe le parti – Facebook e il sito terzo navigato – non configurerebbe un’intercettazione illegittima da parte del social network.
Se in America il dibattito sembra essersi concluso in favore dell’azienda statunitense, sul versante europeo la battaglia continua ad imperversare.
Già nel 2016 le autorità francesi avevano avviato un’indagine nei confronti di Facebook Inc., ritenendo le sue pratiche di raccolta dati sulle sessioni di navigazione dei non utenti su siti di terze parti non rispondenti alla normativa francese in materia privacy, in quanto condotte senza il consenso del titolare.
La Corte d’Appello di Bruxelles, invece, chiamata a giudicare in ordine alle stesse imputazioni, aveva aggirato il problema nel merito, dichiarando il proprio difetto di giurisdizione internazionale su Facebook Irlanda. Nel frattempo, recentemente Facebook è finito anche nel mirino dell’Antitrust tedesco, che ha avviato un’indagine nei confronti del social network con l’accusa di approfittare della sua popolarità per imporre agli utenti di accettare condizioni d’uso poco chiare.
Secondo l’autorità tedesca, esisterebbe una correlazione tra la violazione della normativa privacy attraverso il tracciamento indiscriminato dei dati di navigazione degli utenti e la posizione dominante sul mercato assunta dall’azienda statunitense, configurandosi così anche una pratica abusiva ai sensi del diritto sulla concorrenza. Si attende dunque l’esito di questa nuova istruttoria nei confronti del colosso americano dei social network, benché la questione in Europa è ben lungi dall’essere chiusa, in considerazione dell’approssimarsi del termine nel 2018 per l’implementazione delle più cogenti disposizioni in materia privacy contenute nel Regolamento europeo sul trattamento dei dati 679/2016.