La Corte di Cassazione ha recentemente emesso un’interessante sentenza (n. 12314 del 15.06.2015) in materia di diritto d’autore. In tale sentenza, la Corte ha confermato la propria giurisprudenza in tema di plagio limitato ad alcune parti di un’opera e si è espressa sull’onere di motivazione che incombe sul Giudice nell’ipotesi di liquidazione forfetaria del danno.
La vertenza, alla base della decisione della Suprema Corte, ha ad oggetto la celebre opera letteraria “Gomorra” e risale al 2008, anno in cui la casa editrice Libra Editrice S.c.a.r.l. citava in giudizio, l’autore dell’opera, lo scrittore Roberto Saviano, nonché il suo editore, la Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., affinché fosse accertata la violazione dei propri diritti morali e patrimoniali tutelati in materia di diritto d’autore, con conseguente condanna dei convenuti al risarcimento del danno e previa rimozione dello stato di fatto (in particolare con esatta indicazione del nome dell’autore e del giornale da cui le notizie erano state tratte).
Secondo quanto sostenuto dalla Libra, nell’opera “Gomorra” erano stati riprodotti (a volte in modo testuale e fedele) alcuni articoli pubblicati su quotidiani locali editi dall’attrice e relativi ad eventi di cronaca sul fenomeno camorristico in Campania, riproducendo, senza indicare il nome della testata o della casa editrice e questo nonostante espressa richiesta della Libra.
I convenuti si difendevano sostenendo che “Gomorra” vantava un’autonoma attività creativa, che le pretese similitudini erano irrilevanti a fronte delle 330 pagine dell’opera, che comunque tali somiglianze riguardavano fatti di cronaca ed erano pertanto dovute alla comunanza di fonti di pubblico dominio.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 7 luglio 2010, respingeva le domande attoree fondando la propria decisione sul fatto che l’elevato carattere creativo dell’opera di Saviano, dovuto all’originale combinazione di vicende criminali legate alla camorra con vicende personali dell’autore, poneva la stessa su un piano completamente diverso dalla mera cronaca giornalistica degli avvenimenti. Doveva pertanto essere escluso il plagio da parte dei convenuti, sia come plagio in senso stretto, sia come rielaborazione non autorizzata. La sentenza di primo grado veniva impugnata dalla casa editrice Libra. Con sentenza 3239/13, La Corte d’Appello di Napoli accoglieva parzialmente l’appello di Libra, accertando l’illecita riproduzione all’interno di “Gomorra” di tre dei setti articoli pubblicati su quotidiani locali ed oggetto di causa e condannando i convenuti alla rimozione dello stato di fatto (mediante indicazione del nome dell’autore degli articoli, dell’editore e della testata) ed al risarcimento dei danni patrimoniali e non nei confronti di Libra Editrice.
Avverso la sentenza di secondo grado Roberto Saviano e Arnoldo Mondadori Editore ricorrevano in Cassazione. In primo luogo, la Suprema Corte si è espressa sul carattere creativo degli articoli giornalistici, ricordando che il concetto di creatività non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, ma si riferisce alla personale ed individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate nell’art. 1 della legge n. 633 del 1941 (legge sul diritto d’autore).
Pertanto, affinché un’opera riceva protezione autoriale è sufficiente la sussistenza di un atto creativo, anche minimo. Un’opera può essere quindi ritenuta creativa anche se consiste in idee e nozioni semplici e può essere considerata come appartenente alla letteratura anche nel caso in cui la parola sia utilizzata per comunicare dati informativi elaborati ed organizzati in modo personale ed autonomo dall’autore. I Giudici di legittimità hanno inoltre rilevato che gli articoli di giornale sono espressamente riconosciuti come opere creative dalla stessa legge sul diritto d’autore.
La Corte di Cassazione, rigettando il motivo dei ricorrenti, ha pertanto concluso che la sentenza di secondo grado aveva adeguatamente riconosciuto il carattere creativo agli articoli giornalistici in questione in quanto aveva ritenuto che fossero frutto di elaborazione di dati ed informazioni espressi in modo personale.