L’Affaire Maurizio Cattelan vs Daniel Druet pone al centro del contenzioso fra i due artisti la paternità dell’opera dell’ingegno realizzata su commissione.
L’8 luglio 2022, il Tribunale di Parigi ha respinto, per un cavillo procedurale, la domanda di Daniel Druet, scultore francese di opere di cera, di essere dichiarato autore di alcune celebri opere dal medesimo realizzate, in cera, su incarico ricevuto dal committente Maurizio Cattelan, artista contemporaneo italiano conosciuto a livello internazionale.
Nonostante il Tribunale di Parigi abbia dichiarato inammissibile la domanda di Daniel Druet per “non avere citato Maurizio Cattelan, presunto autore”, ha analizzato nella relativa sentenza le difese dello scultore francese individuando alcuni aspetti dirimenti sulla questione della paternità di tali opere.
Daniel Druet ha sostenuto di essere autore delle opere litigiose e a tal fine ha affermato di non essere stato un semplice esecutore delle medesime avendo ricevuto solo “vaghe indicazioni” da Cattelan e di avere dunque attribuito alle opere stesse il suo tocco personale.
Nel corso del processo, i giudici hanno dato rilevanza ad altri e documentati fatti sentenziando che le opere litigiose “sono sempre state presentate a nome di Cattelan. Solo lui si occupava della loro messa in scena”. Nella loro decisione, i giudici parigini, richiamando i principi fondanti la normativa sul diritto d’autore, hanno in particolare posto l’accento sulla protezione dell’opera nel contesto dell’arte concettuale e comportamentale capace nell’atto creativo di sostituire alla tecnica (come quelle di scolpire e dipingere) la concettualizzazione dell’opera e l’immaginazione della medesima.
Dalla sentenza del Tribunale di Parigi emerge chiaramente un aspetto, condivisibile, ovvero la risposta al quesito giuridico di chi sia l’autore delle opere dell’ingegno litigiose richiede la corretta collocazione storico-artistica delle opere stesse.
Questo caso dimostra che la protezione dell’opera dell’ingegno di un artista passa dal contesto storico-artistico in cui essa nasce e si sviluppa. Perciò la qualità di autore nel caso di opera realizzata su commissione va rintracciata considerando ogni singolo caso un caso a sé, valutando con attenzione chi sia il committente dell’opera e la natura specifica dell’opera commissionata.
Nel caso in esame tanto il committente quanto l’esecutore sono artisti, il problema non è che l’uno lo sia più dell’altro ma che a Maurizio Cattelan si deve l’ideazione e la concettualizzazione delle opere in questione che si collocano nell’ambito dell’arte concettuale e comportamentale. Mentre a Daniele Druet la loro esecuzione.
Perciò nel contesto descritto nella sentenza la progettazione e l’ideazione di un’opera costituiscono il cosiddetto contenuto ideologico dell’opera dell’ingegno da tutelare. Se non fosse così, la sola esecuzione tecnica dell’opera basterebbe ad attribuire a chi l’ha messa in atto la qualifica di autore vanificando conseguentemente la stessa nozione di opera dell’ingegno – quale formazione psichica e/o contenuto ideologico del pensiero – e lo stesso concetto di creatività inteso sia come novità relativa e sia come originalità dovendo l’opera dell’ingegno sempre trarre appunto origine dall’attività psichica dell’uomo.
La questione decisa dai giudici francesi sulla paternità delle opere in esame è dunque condivisibile perché attualizza la ricerca dell’autore di tali opere collocandola nel contesto storico-artistico del momento: nel caso dell’arte concettuale l’artista/autore è chi, perseguendo una ricerca di ordine ideale e teoretico, privilegia il processo, lo schema concettuale e costruttivo che determina l’opera d’arte. Questa soluzione conforme al dettato normativo francese volto alla tutela dell’autore è applicabile anche nell’ambito della normativa italiana anch’essa pensata e costruita per la protezione degli interessi dell’autore.
Maria Luisa Milanesi