La Cassazione sulla legittimità della cessione dei diritti di sfruttamento di un’opera senza il consenso del contitolare  

Con ordinanza n. 23498 del 26 agosto 2021, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito all’ammissibilità della cessione dei diritti di sfruttamento economico di opere cinematografiche in assenza del consenso del contitolare.

Nel caso di specie, la R., contitolare dei diritti su alcune opere cinematografiche insieme alla C., ha convenuto in giudizio quest’ultima dinanzi al Tribunale di Roma per aver concluso – senza il suo consenso – una serie di contratti per lo sfruttamento di tali opere.

La convenuta si è difesa affermando di essere titolare di un mandato esclusivo e perpetuo per l’Italia e il mondo, in quanto legittimamente subentrata nella posizione della mandataria L., società incorporata in C. nel 1998 e a cui era stato a suo tempo conferito tale mandato.

Trattasi, nello specifico, di un’ipotesi tipica di mandato in rem propriam, quale mandato conferito anche nell’interesse del mandatario (prima L., ora C.), disciplinato dall’art. 1723, comma 2, c.c..

Inoltre, nel corso del giudizio è emerso che la titolarità dei diritti in capo a R. è tale per effetto della cessione a titolo particolare da parte del fallimento di X., a sua volta contitolare originaria di tali diritti in comunione con la L., la quale – come visto – è invece dante causa della convenuta.

Ebbene, punto dirimente della questione sottoposta al vaglio di legittimità è, quindi, se vi sia o meno il subentro automatico di R. anche nel distinto contratto di mandato – ex latere del mandante – che vincolava in origine la X. quale dante causa (fallita) di parte attrice.

La Suprema Corte, confermando quanto sostenuto dalla Corte d’Appello, ha respinto il ricorso di C. ritenendo che il contratto di mandato, poiché atto obbligatorio e personale, vincolava esclusivamente la X. ed il suo fallimento e, pertanto, non è oggi opponibile all’acquirente dei diritti che non abbia espressamente accettato di subentrarvi. Seguendo tale iter argomentativo, la Corte ha enunciato così il seguente principio di diritto: “[l]’acquirente di un bene, in difetto di pattuizione ad hoc all’atto della cessione, non subentra nei contratti stipulati dal cedente per la sua gestione e in particolare in un mandato in rem propriam ex art. 1723 c.c., comma 2, salvi i casi eccezionali specificamente previsti dalla legge, fra cui l’ipotesi di cui all’art. 2558 c.c., in tema di cessione di azienda”.

Nel caso in esame, dunque, è stata ritenuta illegittima la cessione dei diritti di sfruttamento economico delle opere cinematografiche in questione da parte della convenuta C., in mancanza di un espresso consenso da parte dell’attrice R., quale contitolare di tali diritti.